Dopo il danno, la beffa:
molte donne che subiscono violenza
sessuale e che trovano il coraggio di denunciare i fatti per
avere giustizia, spesso si ritrovano nelle aule dei Tribunali, davanti a un
giudice, a dovere fare i conti con delle sentenze
che appaiono del tutto vergognose. Spesso, durante i processi, le donne
passano dall’essere vittime a essere considerate colpevoli, ma colpevoli di
cosa? In buona sostanza la colpa sembra essere proprio quella di essere donne.
In Italia, in Europa e
nel resto del mondo, ancora nel 2013, la violenza
sulle donne continua, gli stupri si susseguono brutalmente e le
legislature dei vari Paesi non sono, evidentemente, ancora concepite per
tutelare davvero la donna e stabilire giuste pene per chi si macchia di un
crimine così odioso e terribile.
Fece molto parlare il seguente
verdetto, quando uscì nel 2006. Secondo la sentenza numero 6329 del 20 gennaio
2006, V. S., giovane quattordicenne cresciuta in un ambiente socialmente
degradato e difficile, avendo già avuto altri rapporti sessuali, avrebbe
riportato meno danni dallo stupro subito dal patrigno. In pratica, visto
che aveva già perduto la verginità, secondo la Terza Sezione Penale della
Cassazione, lo stupro che lei ancora adolescente ha subito da parte del
patrigno di 40 anni, è stato uno stupro meno grave di altri. I giudici quindi
hanno considerato giusto che al violentatore fossero riconosciute le attenuanti
per la “minore gravità del fatto“.
Lo stupro non esiste se indossi i
jeans
Altra sentenza shock, la sentenza
numero 1636 della Cassazione, risalente al 1999, coinvolge ancora la Terza
Sezione Penale, che negò l’esistenza di uno stupro perché la vittima “indossava
i jeans”. Un particolare di non poco conto, secondo i giudici, visto che i
jeans sarebbero impossibili da sfilare in caso violenza sessuale. Ma in
questo pronunciamento c’è un elemento in più: l’interpretazione a favore
dello stupratore dell’elemento del consenso estorto alla ragazza. Nelle
motivazini, i giudici della Suprema Corte scrivono, a proposito dei heans: “E’
un indumento che non si può sfilare nemmeno in parte senza la fattiva
collaborazione di chi lo porta“. Lo sanno tutti, scrivono ancora i giudici,
è un “dato di comune esperienza“: è impossibile sfilare i jeans se la
vittime si oppone “con tutte le sue forze“. Per cui, evidentemente, Rosa
non si è opposta con tutte le sue forze. I giudici della Cassazione continuano:
“è illogico affermare che una ragazza possa subire uno stupro, che è una
grave offesa alla persona, nel timore di patire altre ipotetiche e non certo
più gravi offese alla propria incolumità fisica“.
Niente carcere per chi stupra in
gruppo
Anche quando sussistono gravi indizi
di colpevolezza non si può imporre per legge la custodia cautelare in carcere
per chi è accusato di violenza sessuale di gruppo, ma occorre valutare
caso per caso se siano possibili misure alternative alla detenzione. Lo ha
stabilito la Consulta, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’articolo
275 comma 3 del codice di procedura penale, come modificato dal
decreto legge 11/2009. Alla base dell’intervento della Corte Costituzionale una
questione di legittimità sollevata dalla sezione riesame del Tribunale di
Salerno. “Ciò che vulnera i parametri costituzionali – si legge nella
sentenza n.232 – non è la presunzione in sé, ma il suo carattere assoluto, che
implica una indiscriminata e totale negazione di rilevanza al principio del
‘minore sacrificio necessario’“.
Sconto di pena al terzo
violentatore: ha solo “consumato” e non costretto
In caso di violenza di gruppo, gli
atteggiamenti tenuti dagli stupratori sono valutati distinguendo diversi gradi
di responsabilità nel portare a compimento il reato. Con la sentenza 40565 del
16 ottobre 2012 la Corte di Cassazione ha stabilito che durante una violenza di
gruppo va dunque riconosciuto uno sconto di pena a chi non abbia partecipato a
indurre la vittima a soggiacere alle richieste sessuali del gruppo, ma si sia
semplicemente limitato a consumare l’atto. Nello specifico, è stata annullata
una sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria, che stabiliva una
pena per un giovane accusato di stupro di gruppo. L’uomo era stato il terzo
violentatore di una diciottenne. Lo stupro era avvenuto su uno yacth che si
trovava nelle acque dell’isola di Panarea nelle Eolie, ma al contrario degli
altri due del branco non aveva partecipato alla fase precedente, durante la
quale la ragazza era stata fatta ubriacare fin quasi a perdere i sensi.
All’uomo sono state riconosciute le attenuanti.
Se il violentatore non raggiunge
l’orgasmo non c’è stupro
Alcune studentesse della University
of Southern California hanno confessato che alcune denunce di stupro effettuate
nel campus son state volontariamente ignorate dai vertici dell’Istituto. Le
autorità federali americane hanno aperto un’indagine. Tra i vari pretesti
addotti per non prendere in carico le denunce delle violenze subite dalle
ragazze, leggiamo anche quella che, siccome il presunto stupratore non ha
avuto un orgasmo durante la penetrazione, non si può parlare di reato. Le
autorità di sicurezza dell’ateneo erano “totalmente in errore quando hanno
deciso che da cinque a dieci minuti di penetrazione forzata non rappresentano
uno stupro perchè il mio stupratore era troppo ubriaco” per raggiungere
l’orgasmo, ha spiegato la giovane coinvolta.
Condannata dopo lo stupro subito,
graziata dal Tribunale di Dubai
Marte Deborah Dalelv è una donna
norvegese di 24 anni che ora è finalmente libera di lasciare gli Emirati Arabi
Uniti dopo aver ricevuto la grazia in seguito ad uno stupro subito, e dopo
essere stata, proprio per questo motivo, riconosciuta colpevole di rapporti
sessuali extra-matrimoniali. Dalelv aveva denunciato a marzo alla polizia
di Dubai lo stupro subito da un collega, ma era stata fermata e rilasciata solo
quattro giorni dopo, grazie all’intervento dei diplomatici norvegesi. La corte
di Dubai l’ha riconosciuta colpevole di rapporti sessuali fuori dal matrimonio,
falsa testimonianza e consumo di alcol senza permesso, e la donna rischiava
fino a 16 mesi di carcere. Il ministro degli Esteri di Oslo, Espen Barth Eide,
ringraziando “tutti coloro che si sono messi a disposizione per aiutare”
a chiudere la vicenda, si è detta molto soddisfatta. E’ “molto strano che
una persona che denuncia uno stupro venga condannata per atti che nella nostra
parte di mondo non sono neanche un crimine“, ha commentato.
Sentenza
choc, tunisino scarcerato: avrebbe stuprato una donna in modo “attenuato”
13
ago 2013 – Nonostante
il parere negativo della Procura generale della Cassazione, la Suprema Corte –
con la sentenza 34945 – ha dato il via libera alla sospensione dell’esecuzione
della pena (beneficio previsto per chi ha condanne inferiori ai tre anni), e
dunque all’uscita dal carcere se non detenuti per altra causa, ai condannati
per violenza sessuale che hanno commesso stupri in vicende di “minore gravità”, come le definisce l’art. 609bis del codice penale che prevede già, in simili ipotesi non meglio
specificate, forti riduzioni sull’entità della condanna.
A beneficiare di questa
decisione, emessa dalla Sezione feriale della Suprema Corte, è stato un
tunisino di 28 anni, Bilel B., condannato per violenza sessuale, nella
fattispecie definita “attenuata”, a un anno e otto mesi di reclusione.
All’imputato, la Corte di Appello di Roma – giudice dell’esecuzione – aveva negato
la sospensione dell’esecuzione del residuo pena pari a dieci mesi e 23 giorni
di carcere, tolto quanto già scontato in cella, sostenendo che proprio la
natura del reato commesso, indipendentemente dalla sua gravità o tenuità, era
“ostativa alla sospensione dell’esecuzione della pena”.
Ma la Cassazione,
accogliendo il ricorso dell’avvocato Monica Schipani, legale di Bilel B., ha
sottolineato che “il condannato per violenza sessuale, di riconosciuta minore
gravità, non è soggetto a limitazione nell’accesso ai benefici penitenziari,
diversamente dai condannati per altri delitti in materia di libertà sessuale e
per lo stesso reato di violenza sessuale, ove non attenuato”. Anche in questi
altri casi, rilevano i supremi giudici, la sospensione della pena può essere
concessa ma “solo sulla base dell’osservazione scientifica della personalità
condotta collegialmente per almeno un anno” anche con la “partecipazione di
esperti”.