Megamenu

01 02 03 04 05 06 07 08 09

THE NEST - NEWS

tag foto 1 tag foto 2 tag foto 3 tag foto 4 tag foto 5 tag foto 6 tag foto 7 tag foto 8 tag foto 9

venerdì 21 febbraio 2014

Germania shock. Italia fuori dall’Ue

Gli economisti e ambienti delle industrie esportatrici tedeschi, accennano all’ipotesi che l’Italia possa uscire dall’euro. Lo scenario di un abbandono della moneta unica da parte della terza economia dell’Eurozona non viene escluso, anzi viene delineato con sempre maggiore convinzione da una parte delle istituzioni economiche e politiche tedesche.

Germania shock. Italia fuori dall’Ue
 
A Berlino la lobby euroscettica e nostalgica del marco si sta riorganizzando attorno a “Alternative fuer Deutschland” (Alternativa per la Germania). La loro richiesta: ripensare all’euro come moneta “dura” dei soli Paesi forti, o abbandonarlo.
 
Parla a favore di Piani B per l’Italia Anton Boerner, il presidente dell’Associazione degli esportatori tedeschi (Bga). «I Paesi del Nord dovrebbero riflettere a porte chiuse sugli scenari d’esecuzione, altrimenti gli italiani possono ricattarci con la minaccia di uscire dall’euro ». Il sessanta per cento degli elettori italiani, dice ancora Boerner, è contrario alla moneta unica nella sua forma attuale, bisogna rispettare gli elettori italiani e spiegare loro che non c’è alternativa alla disoccupazione. Boerner insiste nel chiedere a Berlino l’elaborazione d’un Piano B, con la previsione di un crollo dell’euro o di nuovi confini dell’eurozona, e si dice contrario ad aiuti all’Italia, «perché gli italiani sono più benestanti dei tedeschi». (da: Affaritaliani)
 
Articoli correlati: l’Italia doveva morire. L’inizio della fine

@robylfalco

Marò terroristi? Questo è un terrorista

L’India vorrebbe giudicare i marò Massimiliano Latorre e Salvatore Giorone con la legge (Sua act) come se fossero terroristi e non Militari, che nell’ambito delle loro funzioni hanno soltanto svolto il loro dovere.

Marò terroristi? Questo è un terroristaNon dovrebbero essere i nostri fucilieri della Marina considerati terroristi. Ma chi impugnando un coltello ha tagliato la gola a un uomo, in pieno centro a Londra, lasciandolo per terra nella speranza che morisse e poi si è dato alla fuga, orgoglioso di aver compiuto un atto, in nome del suo popolo. La vittima si è salvata grazie al tempestivo intervento dei soccorsi londinesi.

Dopo circa 16 mesi dall’accoltellamento, l’indiano Sigh Lakhbir è stato arrestato dai carabinieri del Comando provinciale di Ascoli Piceno con l’accusa di tentato omicidio con finalità di terrorismo.

I militari dell’arma, in seguito al controllo dello straniero, lo hanno ammanettato in esecuzione di un mandato di arresto europeo a fini estradizionali emesso dall’autorità giudiziaria del Regno Unito.

L’indiano, non ha esitato a farsi ammanettare confessando di essere stato lui l’autore dell’accoltellamento del generale indiano Kuldeep Singh Brar, avvenuto il 30 settembre del 2012 in Old Quebec Street, nel West End di Londra. Ma ha anche confessato, che era terrorizzato al pensiero di poter finire nelle mani dei servizi segreti indiani, che lo avrebbero riportato nel suo Paese, rinchiuso in un carcere indiano trattato da terrorista e condannato alla pena di morte. Quindi, ha scelto di essere giudicato a Londra piuttosto che finire nelle maglie della giustizia indiana.

Lo straniero ha dichiarato di aver cercato di ammazzare il generale, perché nel 1984 compì una strage, nella quale rimasero feriti dei parenti dell’arrestato. Singh Lakhbir ha aggiunto: nella popolazione Sikh, «non si dimentica» e chiunque avesse incontrato il generale avrebbe «dovuto» ucciderlo.

Stante alle sue dichiarazioni, l’arrestato sarebbe nato tre anni dopo la strage commessa dal generale, ma la famiglia lo avrebbe «indotto» a compiere il folle gesto in qualsiasi momento e in qualsiasi parte del mondo avesse incontrato quell’uomo. Il gesto di Sigh Lakbir, quindi, è stata una vera e propria vendetta contro il generale che tre anni prima che nascesse aveva compiuto la strage. A suo dire, tra i Sikh certe azioni criminali non si dimenticano e quindi non esistono limiti di tempo: la vendetta è un piatto che va servito freddo. Ora, si trova agli arresti ai fini estradizionali nel carcere di Fermo, dal quale dovrebbe essere trasferito a Londra entro 15 giorni, non appena verrà ratificata la rogatoria.

L’indiano faceva parte di un gruppo criminale composto da altri tre uomini e una donna, che sono stati arrestati pochi giorni dopo l’attentato, dagli investigatori della divisione antiterrorismo del Metropolitan Police di Scotland Yard. Questi sono stati già condannati a pene che vanno dai 9 ai 14 anni dalla giustizia inglese.

Quindi, Singh Lakhbir, preso ad Ascoli Piceno, sa di rischiare le stesse pene, e dunque, l’uomo accusato di tentato omicidio con finalità di terrorismo, ha «preferito» finire nelle mani della giustizia inglese, piuttosto che finire nelle maglie dei suoi connazionali e del Tribunale indiano, che dovrebbe, contro ogni legittimazione, giudicare i due fucilieri italiani, Latorre e Girone; sedere avanti a quei giudici, che ancora non si sono pronunciati sui nostri connazionali e che da due anni non decidono sulla loro sorte.

@robylfalco

Violenza di gruppo per 16 ore su 16enne

Continuano le violenze nel nostro Paese operate a cura di stranieri, che sempre più si organizzano in gruppi e/o addirittura in associazioni per delinquere, con benestare del nostro governo.

Violenza di gruppo per 16 ore su 16enne

Oggi l’ennesima violenza ai danni di una adolescente 16enne. Violentata a turno per 16 ore da quattro uomini di nazionalità tunisina, in una casa del centro storico di Ferrara, mentre un rottweiler faceva la guardia.

La vittima è una giovane romena meretrice, che con la sua denuncia è riuscita a far arrestare il suo aguzzino, capo di un gruppo di tunisini, e a far venire alla luce le violenze e gli abusi subiti dalle ragazze di strada.

Il Comune di Ferrara, annuncia che intende costituirsi parte civile nel processo che ci sarà, assicurando alla giovane assistenza legale. (da: Ansa)

@robylfalco

Marò. Proiettile e minacce all'ambasciata Indiana

Minacce a sede diplomatica di Roma

Marò. Proiettile e minacce all'ambasciata indiana

- Un proiettile e una lettera minatoria che fa riferimento al caso marò sono stati recapitati all'ambasciata indiana a Roma. Lo ha rivelato la tv di New Delhi "Times Now". La tensione tra India e Italia è alle stelle dopo l'ennesimo rinvio dell'Alta corte del Kerala sul caso dei due fucilieri. L'emittente parla anche di oltre cento mail con minacce e parole d'odio giunte alla sede diplomatica indiana del nostro Paese.(da: Tgcom24)

@robylfalco

A Kiev è guerra: salgono le vittime, agenti catturati

Gli scontri a Kiev continuano a mietere vittime. Sale il bilancio dei morti, i feriti non si contano più ed è in continuo aumento il numero di agenti catturati dagli insorti.

A Kiev è guerra: salgono le vittime, agenti catturati

AGGIORNAMENTO: 18:40 Sale di ora in ora il bilancio degli scontri tra la polizia e gli antigovernativi a Kiev. E' saltata dunque la tregua annunciata dal presidente Ianukovich e oltre 100 persone sono rimaste uccise, mentre gli insorti hanno catturato 67 agenti. Ordinata l'evacuazione del Parlamento. Alcuni atleti dell'Ucraina abbandonano per protesta i Giochi di Sochi, ma il Comitato olimpico di Kiev ha smentito. Bonino: "Decise sanzioni dalla Ue".

13:00: Niente tregua e comunque è durata pochissimo. Sono ripresi gli scontri tra la polizia e gli antigovernativi nel centro di Kiev. Dunque la tregua che era stata annunciata dal presidente Ianukovich, è subito venuta meno e diverse persone sono rimaste uccise, mentre gli insorti hanno catturato circa 50 agenti. Per motivi di sicurezza è stata ordinata l'evacuazione del Parlamento. Sembra, che alcuni atleti ucraini abbiano abbandonato per protesta i Giochi di Sochi, ma il Comitato olimpico di Kiev ha smentito.

Merkel: "Stop alle violenze"

Angela Merkel ha avuto una conversazione telefonica con il presidente ucraino Viktor Ianukovich. La cancelliera ha "condannato duramente" i recenti fatti di Kiev auspicando che "tutte le parti prendano immediatamente le distanze dalle violenze e mettano in atto la tregua concordata. La responsabilità maggiore è dalla parte del governo". Ha poi chiesto "un dialogo" tra le parti in vista di "una soluzione sostenibile del conflitto".

Comitato olimpico dell'Ucraina smentisce

Il comitato olimpico dell'Ucraina ha smentito la notizia apparsa sulla Bbc della partenza di almeno metà degli atleti ucraini e ha annunciato a breve un comunicato sul proprio sito. Lo riferisce il sito Lenta.ru. In mattinata il portavoce del Comitato olimpico internazionale Mark Adams aveva reso noto che alcuni atleti ucraini (in tutto sono 43) hanno deciso di ritornare a casa, senza precisarne il numero e i nomi.

Gb convoca ambasciatore ucraino a Londra

L'ambasciatore ucraino a Londra, Volodymyr Khandogiy, è stato convocato al Foreign Office in seguito alle notizie di gravi violenze questa mattina a Kiev. Lo rende noto lo stesso ministero britannico degli Esteri.

Bonino: "Sanzioni? Chi governa ha più responsabilità"

"Chi ha potere ha più responsabilità, questo è un principio che dovremmo far valere sempre". Lo ha detto la ministro degli Esteri, Emma Bonino, rispondendo a chi chiedeva se le sanzioni europee in discussione oggi dovranno colpire solo le autorità ucraine o anche gli oppositori autori degli atti più violenti in Ucraina.

Media: "Manifestanti uccisi da cecchini"

Alcuni dei dimostranti uccisi negli scontri in corso a Kiev sarebbero stati uccisi da cecchini del governo. E' quanto sostiene il Telegraph on line che ha raccolto la testimonianza di manifestanti.

Governo conferma solo 7 morti, per i media sono 37

Il ministero della Sanità ucraino conferma per ora la morte di sette persone negli scontri di oggi tra polizia e manifestanti, precisando che due erano "impiegati del ministero dell'Interno", quindi probabilmente poliziotti. I media locali parlano invece di decine di morti, fino a 37 solo tra gli insorti.

Sindaco Kiev lascia partito Ianukovich: "Stop bagno sangue"

Il capo dell'amministrazione comunale di Kiev e facente funzione di sindaco, Volodimir Makeienko, si è dimesso dal partito delle Regioni del presidente ucraino Viktor Ianukovich e ha detto di essere "disposto a fare qualunque cosa possibile per fermare il bagno di sangue e il fratricidio nel cuore dell'Ucraina".

Polizia ad abitanti Kiev: "Restate a casa"

La polizia ucraina invita gli abitanti di Kiev a restare a casa. Lo fanno sapere i media locali riportando le indicazioni del ministero dell'Interno. "In questo momento è opportuno limitare gli spostamenti in auto e non scendere in strada. Nelle strade di Kiev ci sono persone armate con intenzioni aggressive", avverte il ministero.

Barroso: "Largo consenso tra leader Ue"

"Oggi si riunisce il consiglio esteri straordinario per decidere sanzioni contro i responsabili della violenza e l'uso eccessivo della forza". Lo ha detto il presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso, spiegando che "c'è largo consenso su come trattare questa situazione".

Media: sale a 37 numero vittime tra insorti

Sale a 37 il numero degli insorti antigovernativi morti oggi negli scontri con la polizia a Kiev. Lo sostiene il Kyiv Post riferendo di altri due cadaveri portati nella hall dell'hotel Ukraina. Il ministero della Sanità intanto ha confermato il decesso di 35 persone.

Governo: 500 feriti di cui 300 ricoverati

Sono circa 500 le persone rimaste ferite negli scontri di oggi tra insorti e polizia nel centro di Kiev e circa 300 quelle ricoverate in ospedale. Lo fa sapere il ministero della Sanità ucraino citato da Radio Kommersant.

Mosca: collaboreremo solo con governo legittimo

Non collaboreremo con un governo "zerbino" ma con autorità "legittime", "efficaci" e in grado di difendere "gli interessi dello Stato". E' l'avvertimento del premier russo Dmitri Medvedev. "Bisogna che i nostri partner abbiano autorità, che il potere in Ucraina sia legittimo ed efficace - ha detto - e che non venga calpestato come uno zerbino".

Evacuato anche il palazzo del governo

Il palazzo che ospita la sede del governo ucraino è stato evacuato per motivi di sicurezza. Anche agli impiegati dell'amministrazione presidenziale è stato ordinato di tornare nelle proprie abitazioni. Lo rende noto l'agenzia Interfax.

Inaukovich incontra i ministri europei

Il presidente ucraino Viktor Ianukovich è impegnato in un incontro con i ministri degli Esteri francese, tedesco e polacco. L'annuncio è stato dato da Anna Gherman, una consigliera del capo di Stato ucraino, citata dall'agenzia Interfax. Pochi minuti fa, altri media internazionali avevano diffuso la notizia dell'annullamento del vertice. (da: Tgcom24)

Correlati: Ucraina. Sull’orlo di una guerra civile

@robylfalco

l'Europa tedesca si arricchisce, la periferia paga

Così forte, così fragile. Corsi e ricorsi storici: la Germania è tanto aggressiva e intransigente perché basa la sua potenza sul più incerto e rischioso dei mercati, quello dell’export, che secondo gli economisti democratici della Modern Money Theory produce ricchezza volatile al prezzo di fortissime compressioni salariali. Un regime in bilico, dominato dall’ansia commerciale? Non solo. Secondo Aldo Giannuli, la vastità dell’area germanica, estensibile all’Est, contribuisce a rafforzare la percezione di stabilità del paese, in proiezione pluriennale, anche qualora le economie del Mediterraneo – i “compratori” che hanno favorito il recente boom industriale tedesco – dovessero collassare sotto il ricatto finanziario dell’euro-rigore voluto dalla Merkel. In ogni caso, annota Gad Lerner, dalla grande crisi la Germania continua a guadagnare: i suoi “bund” costano sempre meno. Ma attenzione, c’è il trucco: è rimasto pubblico il controllo del capitale delle grandi banche di Berlino, che accedono all’euro a costi agevolati e, per prima cosa, acquistano titoli di Stato tedeschi.

I tedeschi e il nazismoL’euro-crisi non provoca solo perdite, scrive Lerner nel suo blog. Nell’unione monetaria c’è anche chi guadagna dalle inquietudini che scatenano le turbolenze dei mercati. «La Germania continua a trarne un profitto, visto che il costo del suo debito sta scendendo in modo costante da quando le elezioni politiche italiane hanno provocato una nuova ondata di difficoltà per l’unione monetaria, cristallizzatesi nella crisi di Cipro». I tassi di rendimento dei titoli di Stato di lungo periodo della Germania sono scesi ai valori più bassi degli ultimi otto mesi. «I timori per perdite significative sugli investimenti dei paesi in euro-crisi più a rischio tornano a spingere i capitali verso il lido più sicuro dell’unione monetaria, i titoli di Stato della Germania». I Bund, le obbligazioni decennali dalle quali viene calcolato anche lo spread, sono sempre più ricercati, e questo incremento di richieste – aggiunge Lerner – provoca l’abbassamento dei loro rendimenti, scesi ai livelli di fine agosto. Valori sempre più bassi, da otto mesi a questo parte, che testimoniano come la divergenza finanziaria dell’Eurozona, il vero problema di questa crisi, sia tornata a minacciare l’integrità dell’unione monetaria.

L’estate scorsa, aggiunge Lerner, la Bce aveva garantito per le finanze pubbliche dei paesi in crisi, convincendo così gli investitori sull’inutilità di scommettere sul fallimento dell’unione monetaria, ma l’ultimo mese è stato l’ennesimo campanello d’allarme sulla profondità dell’eurocrisi: prima il caos uscito dalle elezioni italiane, e poi il controverso salvataggio di Cipro hanno reso inquieti i mercati. Il ritorno in massa verso i Bund tedeschi sottolinea una situazione di tensione che potrebbe diventare alla lunga esplosiva: una divergenza così marcata del costo del debito tra i paesi membri rende insostenibile un’unione monetaria. E nel frattempo, Berlino continua ad accumulare vantaggio: «Come già si è verificato nel recente passato, la Germania guadagna dalle difficoltà altrui; il costo del suo debito scende, così da garantire al governo maggiori risorse. Allo stesso tempo il suo sistema creditizio ed il suo settore economico riescono a finanziarsi a costi più bassi», e non solo col contributo di investitori esterni. Come, esattamente? Lo spiega Pietro Cambi sul blog “Crisis”, di Debora Billi: “nascondendosi” dietro le sue grandi banche, il governo di Berlino accede agli euro a costi bassissimi, quelli del settore bancario privato, per continuare a finanziare lo Stato.

Gad LernerSostanzialmente, è come se Berlino stesse barando: si avvantaggia a spese dei partner europei. Berlino, dice Cambi, ci impone lo spietato regime di austerity e il taglio della spesa pubblica, mentre – sottobanco – usa nientemeno che il proprio debito pubblico (quello che ci impedisce di utilizzare) per lucrare sulla nostra crisi, aggravandola e pilotandola attraverso il mercato finanziario dei titoli di Stato. La “virtuosa” Germania ricorre proprio alla vituperata finanza pubblica per ricattare l’Italia e gli altri “Piigs”, grazie ad un semplice artificio bancario: «Se lo adottasse anche l’Italia, potrebbe abbattere di colpo gli interessi sul debito e tagliare lo spread dell’80%». Pochi lo ricordano, ma è tuttora largamente pubblico il controllo sul capitale delle maggiori banche tedesche, dalla Commerzbank alla Kwf. Soggetti di diritto privato, in base ai trattati europei accedono all’euro al tasso agevolato dello 0,75%. Ma la maggioranza azionaria, governativa, dirotta quel denaro verso il sostegno sistematico della finanza pubblica, attraverso l’acquisto massiccio di titoli di Stato.
All’Italia, sostiene Cambi, basterebbe “imitare” la Germania e, ad esempio, nazionalizzare una banca, magari in cattive acque come il Monte dei Paschi di Siena, usandola come veicolo – attraverso l’acquisizione facilitata di euro – per sostenere i titoli di Stato italiani e abbattere rapidamente lo spread, senza la necessità di sottostare ai diktat del rigore, quelli che impongono il “massacro sociale” aggravando ulteriormente la crisi. In regime pre-euro, la funzione di “prestatore di ultima istanza” era prerogativa di Bankitalia: anche oggi, se fosse autorizzata, la banca centrale potrebbe approvvigionarsi presso la Bce di liquidità ad un tasso privilegiato, come tutti gli istituti bancari privati europei: in questo modo, Bankitalia potrebbe «comprare i titoli di Stato italiani immessi sul mercato» e «spegnere immediatamente la febbre da spread». In concreto: gli interessi su Bot e Btp lo Stato li pagherebbe a se stesso, perché «sarebbe debitore di una banca di cui è il proprietario». Quindi quei soldi «tornerebbero allo Stato o, cosa equivalente, andrebbero a ricostituire le riserve della banca stessa, che così potrebbe meglio adempiere alle proprie funzioni e, alla fine, fare da sé», ovvero «comprare i titoli Btp senza più chiedere soldi alla Bce».

Bruno AmorosoOperazione oggi impossibile, grazie alla totale privatizzazione del sistema bancario italiano, “consigliata” da un uomo chiave della crisi europea: Mario Draghi. Nel ’91, ricorda l’economista italo-danese Bruno Amoroso, l’allora economista della Banca Mondiale divenne improvvisamente direttore generale del Tesoro e, «da quella posizione, promosse ufficialmente la privatizzazione di tutte le banche italiane», destinate a diventare veicolo dei titoli-spazzatura creati da Lehman Brothers, Ubs e il colosso statunitense Goldman Sachs, presso cui Draghi “migrò” per poi tornare in Italia come governatore della banca centrale e, a quel punto, “stupirsi” dell’indebolimento del sistema bancario italiano. Lettura della crisi: siccome ci hanno “rubato” 5 punti di Pil, dobbiamo riformare il mercato del lavoro, tagliare pensioni e sanità, riformare la scuola. «Ma che c’entrano il lavoro, la scuola, la sanità e le pensioni con la truffa dei banchieri-spazzatura?».

Chiusura del cerchio: la nomina al vertice della Bce, poltronissima da cui «riacquistare, anche dalle banche italiane, i “titoli spazzatura” in cambio di denaro contante». Tecnicamente: per Amoroso, Draghi «sta facendo il riciclaggio dei “titoli spazzatura” che la Goldman Sachs ha esportato in Europa e anche in Italia (e che noi oggi paghiamo per riciclare), cosicché poi nessuno riesca neanche più ad identificarli». Nel frattempo, la Germania ride: nessuno fa caso al “trucco” con cui il governo tedesco accumula euro a basso costo, approfittando di un sistema fondato sull’imbroglio che ha indotto i “concorrenti” a privatizzarsi. Di questo passo, l’Europa va incontro a una catastrofe, ripetono i Premi Nobel statunitensi Krugman e Stiglitz, che invocano un ritorno alla sovranità monetaria, passando per la nazionalizzazione delle banche e cancellando di fatto la politica europea imposta da Berlino.

Giulio AndreottiPer gli economisti neo-keynesiani, la Germania non andrà lontano: è troppo vincolata all’export, quindi esposta all’instabilità dei mercati – l’industria Usa, ad esempio, è largamente vocata al consumo interno. Ma il punto è un altro: fino a quando il resto dell’Europa continuerà a sopportare vessazioni come quelle inflitte alla Grecia, ben oltre i confini della civiltà? Il guaio è che la Germania è incorreggibile, accusa Paolo Barnard: «Per tre volte hanno cercato di distruggere l’Europa, e stavolta ci sono riusciti». François Mitterrand, il politico che più di ogni altro promosse l’euro-sciagura della moneta unica non-sovrana allo scopo di imbrigliare Berlino, disse: «Amo così tanto la Germania che preferisco averne due». Riletta oggi, si ammanta di luce sinistra l’analoga battuta di Giulio Andreotti: «E’ bene che le due Germanie restino divise». L’euro? «Sarà la fine dell’Europa unita», profetizzò Ida Magli. E ancora una volta, non appena il copione collettivo scivola verso il dramma, la storia europea sembra costretta a fare i conti con la fatale Germania : così forte, e così fragile. (da: Libreidee)

Correlati: L'Italia doveva morire. L'inizio della fine

@robylfalco

Ungheria. Parlamento butta l’Unione europea dalla finestra

Ungheria. Parlamento butta l’Unione europea dalla finestraClamorosa protesta nel parlamento ungherese: i parlamentari Tamás Gaudi-Nagy e Balázs Lenhardt hanno preso le bandiere dell’Unione Europea presenti in aula e le hanno buttate via.

“Il popolo ungherese si deve ribellare da questa dittatura. Per lo spirito libero dei nostri padri rivendichiamo il diritto di decidere il nostro destino!“, ha tuonato in aula Gaudi-Nagy. (da: Matinonline)


L'Ungheria è uno Stato membro dell'Unione europea, costituito come repubblica e situato nell'Europa centro-orientale e nella pianura Pannonica. La lingua ufficiale è l'ungherese.
  1. Capitale: Budapest
  2. Prefisso telefonico nazionale: 36
  3. Valuta: Fiorino ungherese
  4. Popolazione: 9,944 milioni (2012) Banca Mondiale
  5. Prodotto interno lordo: 125,5 miliardi USD (2012) Banca Mondiale
  6. Inno nazionale: Himnusz
@robylfalco

Ucraina. Sull’orlo di una guerra civile

Continuano gli scontri tra polizia e manifestanti antigovernativi a Kiev. Secondo il ministero della Sanità ucraino, è salito ad almeno 25 il numero complessivo dei morti provocati dagli scontri di piazza tra forze di sicurezza e manifestanti filo-europeisti. I feriti ammontano a 241, compresi 79 poliziotti e cinque giornalisti.

Ucraina. Sull’orlo di una guerra civile

Violenti scontri si sono registrati davanti al Parlamento ucraino, quando un cordone di agenti ha impedito a un corteo di migliaia di dimostranti di avvicinarsi al parlamento, dove si discute una riforma costituzionale chiesta dall'opposizione per ridurre i poteri del presidente. Alcune decine di deputati dell’opposizione hanno bloccato la tribuna parlamentare perché la riforma costituzionale proposta dall’opposizione per ridurre i poteri del capo dello Stato non era stata inserita in agenda.
In seguito all’uso delle armi da fuoco da parte degli insorti, anche gli agenti sono stati costretti a fare uso delle loro armi. Complessivamente, il numero dei morti che si registrano, provocati dagli scontri di piazza tra forze di sicurezza e manifestanti filo-europeisti, sale a 25. I feriti ammontano a 241, compresi 79 poliziotti e cinque giornalisti.

La Russia accusa i paesi occidentali. Il Ministero degli Esteri di Mosca, in un comunicato, sottolinea che "ciò che sta succedendo è una diretta conseguenza della politica di connivenza fra i politici occidentali e le agenzie europee, che hanno chiuso gli occhi di fronte alle azioni aggressive delle forze radicali ucraine fin dall’inizio della crisi". Secondo il Cremlino "l’opposizione non controlla più la situazione tra le sue fila".

Il Segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, ha lanciato un appello alla calma in Ucraina, chiedendo al governo di Kiev di rispettare la libertà di espressione dei manifestanti dell’opposizione (che armati fino ai denti) chiedono le dimissioni del governo guidato dal presidente Viktor Yanukovic.

Ban “chiede a tutte le parti in causa di agire con moderazione, evitare ogni nuova violenza e rispettare i principi della libertà di espressione e di manifestazione ‘pacifica’ (forse Ban non vede le immagini trasmesse in Tv), incoraggia le parti coinvolte a condurre un dialogo sincero per arrivare ad un accordo fra gli ucraini sulla strada che dovrà percorrere il Paese”. E aggiunge, “sono estremamente preoccupato davanti alla ripresa delle violenze a Kiev e reitera il suo appello a tutte le parti ad agire con moderazione per evitare nuove violenze”. (da: TMNews)

@robylfalco

Palazzo Chigi: Bisignani e gen. Cc Ragusa, arrestati

Palazzo Chigi: Bisignani e gen. Cc Ragusa, arrestatiL'uomo d'affari Luigi Bisignani e il generale dei Carabinieri Antonio Ragusa, sono finiti agli arresti domiciliari nell'ambito di un'inchiesta della procura di Roma su presunte irregolarità legate all'affidamento di appalti per palazzo Chigi.
 
I provvedimenti sono stati eseguiti dagli uomini del nucleo della Polizia tributaria della Guardia di Finanza e dai carabinieri del Ros. A chiedere ed ottenere le misure il pm Paolo Ielo. Bisignani è accusato di frode fiscale, mentre a Ragusa sono contestati la corruzione e la turbativa d'asta. Quest'ultimo, nel 2010, era capo del Dipartimento della Risorse Strumentali di palazzo Chigi. (da: Ansa)

@robylfalco

Che sprecona e dispettosa la Boldrini. Alla faccia degli italiani

Non bastavano i 130 mila euro per twittare, la rinnovata sala stampa, l'agenzia investigativa milanese del web, la più sfarzosa auto blindata, la troupe per l'"immagine", le case ai rom, sinti e stranieri con lauti sussidi... NO, non è sufficiente tutto questo per irritare gli italiani, quindi, persevera 
 
Che sprecona e dispettosa la Boldrini. Alla faccia degli italiani

La presidente della Camera, Laura Boldrini, ora, pranza al ristorante e non più al self service (più economico) come aveva fatto a inizio mandato. Non solo: secondo quanto scrive Libero, avrebbe fatto anche un deroga per il suo staff. Al ristorante infatti possono sedere solo i parlamentari, i dirigenti ai massimi livelli e i giornalisti parlamentari accreditati.

Non solo, ma ha accreditato con una deroga al regolamento al ristorante dei deputati anche il suo staff immagine: pasto garantito con tovaglia di broccato anche per il portavoce Roberto Natale, e le addette stampa e immagine del presidente sui social network, Valentina Loiero e Giovanna Pirrotta. Al ristorante poteva già pranzare un altro membro dello staff della Boldrini, Carlo Leoni, essendo ex deputato.

Ma non è tutto. Perché chi mangia al ristorante della Camera può pagare con i buoni pasti a spese della comunità. Nel 2012 questo buono valeva 19,36 euro. Per avere una minima proporzione basti pensare che un impiegato ha buoni basto da 7-8 euro, alle Poste ci sono buoni da 5 euro. Ma non bastava: nel 2013 la somma del buono pasto è stata aumentata a 21,44 euro.

Su base annua il costo per la Camera è stato nel 2012 di 939.346,90 euro per il ristorante dei deputati e di 558.062,99 euro per il self service dei dipendenti (cui possono accedere anche giornalisti accreditati e deputati), dove il buono pasto pagato dalla amministrazione è circa la metà: poco superiore agli 11 euro. La previsione per il 2013 è quindi di un costo per le casse della Camera intorno al milione e 800 mila euro.

Libero, avrebbe fatto anche una deroga per il suo staff. Al ristorante infatti possono sedere solo i parlamentari, i dirigenti ai massimi livelli e i giornalisti parlamentari accreditati.

Non solo, ma ha accreditato con una deroga al regolamento al ristorante dei deputati anche il suo staff immagine: pasto garantito con tovaglia di broccato anche per il portavoce Roberto Natale, e le addette stampa e immagine del presidente sui social network, Valentina Loiero e Giovanna Pirrotta. Al ristorante poteva già pranzare un altro membro dello staff della Boldrini, Carlo Leoni, essendo ex deputato.

Laura Boldrini denunciata
 
Ma non è tutto. Perché chi mangia al ristorante della Camera può pagare con i buoni pasto a spese della comunità. Nel 2012 questo buono valeva 19,36 euro. Per avere una minima proporzione basti pensare che un impiegato ha buoni basto da 7-8 euro, alle Poste ci sono buoni da 5 euro. Ma non bastava: nel 2013 la somma del buono pasto è stata aumentata a 21,44 euro.
Su base annua il costo per la Camera è stato nel 2012 di 939.346,90 euro per il ristorante dei deputati e di 558.062,99 euro per il self service dei dipendenti (cui possono accedere anche giornalisti accreditati e deputati), dove il buono pasto pagato dalla amministrazione è circa la metà: poco superiore agli 11 euro. La previsione per il 2013 è quindi di un costo per le casse della Camera intorno al milione e 800 mila euro. (da: blitz)

@robylfalco

Marò. Dopo la 26esima sberla, l’Italia politica “parla” ancora…

Perverso masochismo politico italiano, sul caso dei marò. L'india continua a sbeffeggiare e a prendere a sberle l'Italia, mentre la nostra politica sdegnata, parla.. parla... parla...

Marò. Dopo la 26esima sberla, l’Italia politica “parla” ancora…

Il ministro degli Esteri Emma Bonino: dopo l’ennesimo schiaffeggio, ribadisce ancora una volta l’“inaccettabile e manifesta incapacità indiana di gestire la vicenda”. Questo il commento sulla decisione della Corte Suprema di Delhi di rinviare nuovamente l’udienza a lunedì 24 febbraio alle 14 (ore 9.30 in Italia), sul caso dei due fucilieri della Marina Militare italiana Massimiliano Latorre e Salvatore Girone; in attesa di una risposta scritta del governo, sull’applicabilità o meno a loro carico, della legge per la repressione della pirateria (Sua act).

Il re-rinvio della Corte ha destato la Farnesina, che ha richiamato a Roma per consultazioni urgenti, l’ambasciatore di New Delhi, Daniele Mancini.

La Bonino, insiste nel dire che “l’Italia proseguirà e intensificherà il suo impegno per il riconoscimento dei propri diritti di ‘Stato sovrano’ in conformità con il diritto internazionale“, perché “l’obiettivo principale dell’Italia resta quello di ottenere il rientro quanto più tempestivo in patria dei due fucilieri”.

Nella Corte Suprema indiana, il procuratore generale G.E. Vahanvati, ha ribadito che il governo indiano sta riesaminando l’applicabilità del Sua Act affidando al ministero della Giustizia il compito di dare una opinione definitiva al riguardo. Anche perché, ha aggiunto, ci sono state forti proteste internazionali contro l’utilizzo della legge anti terrorismo.

L’inviato del governo italiano, Staffan de Mistura, dal suo canto ha ribadito anche lui: “E’ troppo”, “E’ l’ennesimo rinvio, il ventiseiesimo, il sesto in Corte Suprema. Ora francamente è troppo”, è “un chiaro segno di difficoltà del governo indiano”, ha annunciato inoltre (come nello scorso rinvio) che invierà, “immediatamente un rapporto a Roma e il governo deciderà quali posizioni assumere. Ad un ulteriore rinvio noi opponiamo un ulteriore ultimatum. Sarà Roma che deciderà nelle prossime ore la linea da prendere”.

Interviene il ministro della Difesa, Mario Mauro, affermando che “La misura è colma e ancora più grande è lo sdegno che investe tutta la nazione e che non può non propagarsi all’intera comunità internazionale”. Su questo caso non c’è giustizia, ha aggiunto, e ancora: siamo di fronte ad un comportamento ambiguo ed inaffidabile delle autorità indiane.

Di fatto; l’India, ribadisce e persevera col rinvio. L’Italia, ribadisce e persevera a parlare di sdegno.

@robylfaco

giovedì 20 febbraio 2014

Marò. Mobilitazione nazionale e all’estero, all’unisono

In tutte le piazze d'Italia, un flash mob dal titolo 'Liberi Subito'. Mercoledì alle 18, in occasione dell'anniversario del fermo avvenuto da parte dell'India dei due fucilieri di marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone.

MARO’. Mobilitazione nazionale e all’estero, all’unisono

L'iniziativa è organizzata dal gruppo Leone di San Marco e le associazioni d'arma sparse sul territorio nazionale e all'estero che, spiega una nota del presidente, il Contrammiraglio Guglielmo Nardini, "stanno rispondendo fattivamente all'iniziativa".

Tra le prime risposte di partecipazione arrivate quelle di connazionali a Singapore che esporranno cartelli in inglese, cinese e malese con la richiesta di "liberare adesso" i due marò.

"In un momento di crisi politica - spiega la nota - a due anni dal fermo in India e a distanza di ventiquattro ore della trattazione del caso fucilieri da parte della corte suprema di New Delhi il Gruppo Nazionale Leone di San Marco, associazione apartitica ed apolitica che riunisce tutti coloro che hanno servito nel San Marco, continua l'azione di tenere accesi i riflettori su questa vicenda paradossale".

Alle 18 di mercoledì "all'unisono, tutti i nostri connazionali, che indosseranno sicuramente un fiocco giallo (emblema ormai coniato sia dalla marina Militare che dal gruppo) o semplicemente una mimosa, si incontreranno in luoghi simbolo delle città, canteranno l'Inno Nazionale, poi l'inno del San Marco esponendo un cartello con scritto, Liberi Adesso".

Chiunque volesse mettersi in nota per aderire può farlo inviando la propria adesione a: flashmob.fucileri@gmail.com

l'Italia doveva morire. L’inizio della fine

Il primo colpo storico contro l’Italia lo mette a segno Carlo Azeglio Ciampi, futuro presidente della Repubblica, incalzato dall’allora ministro Beniamino Andreatta, maestro di Enrico Letta e “nonno” della Grande Privatizzazione che ha smantellato l’industria statale italiana, temutissima da Germania e Francia, come conferma anche la testimonianza resa dal prof. Alain Parguez, altro importante protagonista degli eventi di quegli anni. E’ il 1981: Andreatta propone di sganciare la Banca d’Italia dal Tesoro, e Ciampi esegue. Obiettivo: impedire alla banca centrale di continuare a finanziare lo Stato, come fanno le altre banche centrali sovrane del mondo, a cominciare da quella inglese.

Il secondo colpo, quello del ko, arriva otto anni dopo, quando crolla il Muro di Berlino. La Germania si gioca la riunificazione, a spese della sopravvivenza dell’Italia come potenza industriale: ricattati dai francesi, per riconquistare l’Est i tedeschi accettano di rinunciare al marco e aderire all’euro, a patto che il nuovo assetto europeo elimini dalla scena il loro concorrente più pericoloso: l’Italia. A Roma non mancano complici: pur di togliere il potere sovrano dalle mani della “casta” corrotta della Prima Repubblica, c’è chi è pronto a sacrificare l’Italia all’Europa “tedesca”, naturalmente all’insaputa degli italiani.

l'Italia doveva morire. L’inizio della fine
Nino Galloni

E’ questa la drammatica testimonianza di Nino Galloni, già docente universitario, manager pubblico e alto dirigente di Stato, resa sia in occasione del primo meeting MMT di Rimini (24-26 febbraio 2012) sia, in seguito, a Claudio Messora per il blog “Byoblu”.

Ascoltiamo dalla sua voce cosa accadde in quegli anni di cui egli fu co-protagonista.
All’epoca, nel fatidico 1989, Galloni era consulente del governo su invito dell’eterno Giulio Andreotti, il primo statista europeo che ebbe la prontezza di affermare di temere la riunificazione tedesca. Non era “provincialismo storico”: Andreotti era al corrente del piano contro l’Italia e tentò di opporvisi, fin che potè. Poi a Roma arrivò una telefonata del cancelliere Helmut Kohl, che si lamentò col ministro Guido Carli: qualcuno “remava contro” il piano franco-tedesco.

Galloni si era appena scontrato con Mario Monti alla Bocconi e il suo gruppo aveva ricevuto pressioni da Bankitalia, dalla Fondazione Agnelli e da Confindustria. La telefonata di Kohl fu decisiva per indurre il governo a metterlo fuori gioco. «Ottenni dal ministro la verità», racconta l’ex super-consulente, ridottosi a comunicare con l’aiuto di pezzi di carta perché il ministro «temeva ci fossero dei microfoni». Sul “pizzino”, scrisse la domanda decisiva: “Ci sono state pressioni anche dalla Germania sul ministro Carli perché io smetta di fare quello che stiamo facendo?”. Eccome: «Lui mi fece di sì con la testa».

Questa, riassume Galloni, è l’origine della “inspiegabile” tragedia nazionale nella quale stiamo sprofondando.

I super-poteri egemonici, prima atlantici e poi europei, hanno sempre temuto l’Italia. Lo dimostrano due episodi chiave:
  1. l’omicidio di Enrico Mattei, stratega del boom industriale italiano grazie alla leva energetica propiziata dalla sua politica filo-araba, in competizione con le “Sette Sorelle”;
  2. l’eliminazione di Aldo Moro, l’uomo del compromesso storico col Pci di Berlinguer assassinato dalle “seconde Br”: non più l’organizzazione eversiva fondata da Renato Curcio, ma le Br di Mario Moretti, «fortemente collegate con i servizi, con deviazioni dei servizi, con i servizi americani e israeliani». Il leader della Dc era nel mirino di killer molto più potenti dei neo-brigatisti: «Kissinger gliel’aveva giurata, aveva minacciato Moro di morte poco tempo prima».
Tragico preambolo, la strana uccisione di Pier Paolo Pasolini, che nel romanzo “Petrolio” aveva denunciato i mandanti dell’omicidio Mattei, a lungo presentato come incidente aereo.

Recenti inchieste collegano alla morte del fondatore dell’Eni quella del giornalista siciliano Mauro De Mauro. Probabilmente, De Mauro aveva scoperto una pista “francese”: agenti dell’ex Oas inquadrati dalla Cia nell’organizzazione terroristica “Stay Behind” (in Italia, “Gladio”) avrebbero sabotato l’aereo di Mattei con l’aiuto di manovalanza mafiosa.

A congelare la democrazia italiana avrebbe poi provveduto la strategia della tensione, quella delle stragi nelle piazze.

Alla fine degli anni ‘80, la vera partita dietro le quinte è la liquidazione definitiva dell’Italia come competitor strategico: Ciampi, Andreatta e De Mita, secondo Galloni, lavorano per cedere la sovranità nazionale.

Col divorzio tra Bankitalia e Tesoro, per la prima volta il Paese è in crisi finanziaria: prima, infatti, era la Banca d’Italia a fare da “prestatrice di ultima istanza” comprando titoli di Stato e, di fatto, emettendo moneta destinata all’investimento pubblico. Chiuso il rubinetto della lira, la situazione precipita: con l’impennarsi degli interessi (da pagare a quel punto ai nuovi “investitori” privati) il debito pubblico esploderà fino a superare il Pil. Non è un “problema”, ma esattamente l’obiettivo voluto: mettere in crisi lo Stato, disabilitando la sua funzione strategica di spesa pubblica a costo zero per i cittadini, a favore dell’industria e dell’occupazione. Degli investimenti pubblici da colpire, «la componente più importante era sicuramente quella riguardante le partecipazioni statali, l’energia e i trasporti, dove l’Italia stava primeggiando a livello mondiale».

Al piano anti-italiano partecipa anche la grande industria privata, a partire dalla Fiat, che di colpo smette di investire nella produzione e preferisce comprare titoli di Stato: da quando la Banca d’Italia non li acquista più, i tassi sono saliti e la finanza pubblica si trasforma in un ghiottissimo business privato.

L’industria passa in secondo piano e – da lì in poi – dovrà costare il meno possibile. «In quegli anni la Confindustria era solo presa dall’idea di introdurre forme di flessibilizzazione sempre più forti, che poi avrebbero prodotto la precarizzazione». Aumentare i profitti: «Una visione poco profonda di quello che è lo sviluppo industriale». Risultato: «Perdita di valore delle imprese, perché le imprese acquistano valore se hanno prospettive di profitto». Dati che parlano da soli. E spiegano tutto: «Negli anni ’80 – racconta Galloni – feci una ricerca che dimostrava che i 50 gruppi più importanti pubblici e i 50 gruppi più importanti privati facevano la stessa politica, cioè investivano la metà dei loro profitti non in attività produttive ma nell’acquisto di titoli di Stato, per la semplice ragione che i titoli di Stato italiani rendevano tantissimo e quindi si guadagnava di più facendo investimenti finanziari invece che facendo investimenti produttivi. Questo è stato l’inizio della nostra deindustrializzazione».

Alla caduta del Muro di Berlino, il potenziale italiano è già duramente compromesso dal sabotaggio della finanza pubblica, ma non tutto è perduto: il nostro paese, “promosso” nel club del G7, era ancora in una posizione di dominio nel panorama manifatturiero internazionale. Eravamo ancora «qualcosa di grosso dal punto di vista industriale e manifatturiero», ricorda Galloni: «Bastavano alcuni interventi, bisognava riprendere degli investimenti pubblici». E invece, si corre nella direzione opposta: con le grandi privatizzazioni strategiche, negli anni ’90 «quasi scompare la nostra industria a partecipazione statale», il “motore” di sviluppo tanto temuto da tedeschi e francesi. Deindustrializzazione: «Significa che non si fanno più politiche industriali». Galloni cita Pierluigi Bersani: quando era ministro dell’industria «teorizzò che le strategie industriali non servivano». Si avvicinava la fine dell’Iri, gestita da Prodi in collaborazione col solito Andreatta e Giuliano Amato. Si giunge così allo smembramento di un colosso mondiale: Finsider-Ilva, Finmeccanica, Fincantieri, Italstat, Stet e Telecom, Alfa Romeo, Alitalia, Sme (alimentare), nonché la Banca Commerciale Italiana, il Banco di Roma, il Credito Italiano.

Le banche sono un altro passaggio decisivo: con la fine del “Glass-Steagall Act” nasce la “banca universale”, cioè si consente alle banche di occuparsi di meno del credito all'economia reale e le si autorizza a concentrarsi sulle attività finanziarie speculative. Denaro ricavato da denaro, con scommesse a rischio sulla perdita. E’ il preludio al disastro planetario di oggi. In confronto, dice Galloni, i debiti pubblici sono bruscolini: nel caso delle perdite delle banche stiamo parlando di tre-quattrocento trilioni. Un trilione sono mille miliardi: «Grandezze stratosferiche», pari a 6 volte il Pil mondiale. «Sono cose spaventose».

La frana è cominciata nel 2001, con il crollo della new-economy digitale e la fuga della finanza che l’aveva sostenuta, puntando sul boom dell’e-commerce. Per sostenere gli investitori, le banche allora si tuffano nel mercato-truffa dei derivati: raccolgono denaro per garantire i rendimenti, ma senza copertura per gli ultimi sottoscrittori della “catena di Sant’Antonio”, tenuti buoni con la storiella della “fiducia” nell’imminente “ripresa”, sempre data per certa, ogni tre mesi, da «centri studi, economisti, osservatori, studiosi e ricercatori, tutti sui loro libri paga».

Quindi, aggiunge Galloni, siamo andati avanti per anni con queste operazioni di derivazione e con l’emissione di altri titoli tossici. Finché nel 2007 si è scoperto che il sistema bancario era saltato: nessuna banca prestava liquidità all’altra, sapendo che l’altra faceva le stesse cose, cioè speculazioni in perdita. Per la prima volta, spiega Galloni, la massa dei valori persi dalle banche sui mercati finanziari superava la somma che l’economia reale – famiglie e imprese, più la stessa mafia – riusciva ad immettere nel sistema bancario. «Di qui la crisi di liquidità, che deriva da questo: le perdite superavano i depositi e i conti correnti». Come sappiamo, la falla è stata provvisoriamente tamponata dalla Fed, che dal 2008 al 2011 ha trasferito nelle banche – americane ed europee – qualcosa come 17.000 miliardi di dollari, cioè «più del Pil americano e più di tutto il debito pubblico americano».

Va nella stessa direzione – liquidità per le sole banche, non per gli Statiil “quantitative easing” della Bce di Draghi, che ovviamente non risolve la crisi economica perché «chi è ai vertici delle banche, e lo abbiamo visto anche al Monte dei Paschi, guadagna sulle perdite».

Il profitto non deriva dalle performance economiche, come sarebbe logico, ma dal numero delle operazioni finanziarie speculative: «Questa gente si porta a casa i 50, i 60 milioni di dollari e di euro, scompare nei paradisi fiscali e poi le banche possono andare a ramengo». Non falliscono solo perché poi le banche centrali, controllate dalle stesse banche-canaglia, le riforniscono di nuova liquidità. A soffrire è l’intero sistema-Italia, fin da quando – nel lontano 1981 – la finanza pubblica è stata “disabilitata” col divorzio tra Tesoro e Bankitalia. Un percorso suicida, completato in modo disastroso dalla tragedia finale dell’ingresso nell’Eurozona, che toglie allo Stato non solo la moneta, ma anche il potere sovrano della spesa pubblica, attraverso dispositivi come il Fiscal Compact e il pareggio di bilancio.

Per l’Europa “lacrime e sangue”, il risanamento dei conti pubblici viene prima dello sviluppo. «Questa strada si sa che è impossibile, perché tu non puoi fare il pareggio di bilancio o perseguire obiettivi ancora più ambiziosi se non c’è la ripresa». E in piena recessione, ridurre la spesa pubblica significa solo arrivare alla depressione irreversibile.

Esistono, secondo Galloni, vie d’uscita? E se sì, quali?

Anzitutto bisogna archiviare subito gli specialisti del disastro – da Angela Merkel a Mario Monti – ribaltando la politica europea: bisogna tornare alla sovranità monetaria, dice Galloni, e cancellare il concetto del debito pubblico come problema. Basta puntare sulla ricchezza nazionale, che vale 10 volte il Pil.

Non è vero che non riusciremmo a ripagarlo, il debito. Il problema è che il debito, semplicemente, non va ripagato: «L’importante è ridurre i tassi di interesse», che devono essere «più bassi dei tassi di crescita». A quel punto, il debito non è più un problema: «Questo è il modo sano di affrontare il tema del debito pubblico».

L'alternativa è procedere come in Grecia, dove «per 300 miseri miliardi di euro» se ne sono persi 3.000 nelle Borse europee, gettando sul lastrico il popolo greco.

La domanda è: «Questa gente si rende conto che agisce non solo contro la Grecia, ma anche contro gli altri popoli e Paesi europei? Chi comanda effettivamente in questa Europa se ne rende conto?».
O forse, conclude Galloni, vogliono davvero «raggiungere una sorta di asservimento dei popoli, di perdita ulteriore di sovranità degli Stati» per obiettivi inconfessabili, come avvenuto in Italia: privatizzazioni a prezzi stracciati, depredazione del patrimonio nazionale, conquista di guadagni senza lavoro.

Un piano criminale: il grande complotto dell’élite mondiale: «Bilderberg, Britannia, il Gruppo dei 30, dei 10, gli “Illuminati di Baviera”: sono tutte cose vere», ammette l’ex consulente di Andreotti. «Gente che si riunisce, come certi club massonici, e decide delle cose». Ma il problema vero è che «non trovano resistenza da parte degli Stati». L’obiettivo è sempre lo stesso: «Togliere di mezzo gli Stati nazionali allo scopo di poter aumentare il potere di tutto ciò che è sovranazionale, multinazionale e internazionale». Gli Stati sono stati indeboliti e poi addirittura infiltrati, con la penetrazione nei governi da parte dei super-lobbysti, dal Bilderberg agli “Illuminati”.

Purtroppo non abbiamo amici. L’America avrebbe inutilmente cercato nell’Italia una sponda forte dopo la caduta del Muro, prima di dare via libera (con Clinton) allo strapotere di Wall Street. Dall’omicidio di Kennedy in poi, secondo Galloni, gli Usa «sono sempre più risultati preda dei britannici», che hanno interesse «ad aumentare i conflitti, il disordine», mentre la componente “ambientalista”, più vicina alla Corona, punta «a una riduzione drastica della popolazione del pianeta» e quindi ostacola lo sviluppo, di cui l’Italia è stata una straordinaria protagonista.
E l’odiata Germania? Non diventerà mai leader, afferma Galloni, se non accetterà di importare più di quanto esporta.

Unico futuro possibile: la Cina, ora che Pechino ha ribaltato il suo orizzonte, preferendo il mercato interno a quello dell’export. L’Italia potrebbe cedere ai cinesi interi settori della propria manifattura, puntando ad affermare il made in Italy d’eccellenza in quel mercato, 60 volte più grande. Armi strategiche potenziali: il settore della green economy e quello della trasformazione dei rifiuti, grazie a brevetti di peso mondiale come quelli detenuti da Ansaldo e Italgas.

Prima, però, bisogna mandare casa i sicari dell’Italia e rivoluzionare l’Europa, tornando alla necessaria sovranità monetaria. Senza dimenticare che le controriforme suicide di stampo neoliberista che hanno azzoppato il Paese sono state subite in silenzio anche dalle organizzazioni sindacali. Lo scopo di avere meno moneta circolante e salari più bassi è forse quello di contenere l’inflazione? Falso: gli USA hanno appena creato trilioni di dollari dal nulla, senza generare spinte inflattive. Eppure, anche i sindacati sono stati attratti «in un’area di consenso per quelle riforme sbagliate che si sono fatte a partire dal 1981».

Il passo fondamentale, da attuare subito, è una riforma della finanza, pubblica e privata, che torni a sostenere l’economia. Stop al dominio antidemocratico di Bruxelles, funzionale solo alle multinazionali globalizzate.

La scelta della Cina di puntare sul mercato interno può essere l’inizio della fine della globalizzazione, che è «il sistema che premia il produttore peggiore, quello che paga di meno il lavoro, quello che fa lavorare i bambini, quello che non rispetta l’ambiente né la salute».

Naturalmente, prima di tutto serve il ritorno in campo, immediato, della vittima numero uno: lo Stato democratico sovrano. Imperativo categorico: sovranità finanziaria per sostenere la spesa pubblica, senza la quale il paese muore. «A me interessa che ci siano spese in disavanzo – insiste Galloni – perché se c’è crisi, se c’è disoccupazione, puntare al pareggio di bilancio è un crimine». (fonte)

Il terzo colpo, la fine. Nel libro Morire di austerità, Lorenzo Bini Smaghi, l'ex board della Bce che oggi presiede la Snam Rete Gas, ha scritto che nel 2011 Silvio Berlusconi aveva "ventilato in colloqui privati con i governi di altri Paesi dell'Eurozona l'ipotesi di una uscita dall'euro".
Per questo, sarebbe poi stato costretto a dimettersi da Palazzo Chigi.

In realtà, il Cavaliere non si sarebbe solo limitato a "ventilare" questa ipotesi, ma aveva addirittura già avviato le trattative in sede europea per uscire dalla moneta unica. A rivelarlo è Hans-Werner Sinn, presidente dell'istituto di ricerca congiunturale tedesco, Ifo-Institut, durante il convegno economico Fuehrungstreffen Wirtschaft 2013 organizzato a Berlino dal quotidiano Sueddeutsche Zeitung.

Tocchi l'Europa e muori. Più si mettono insieme i pezzi del puzzle, più sembra chiaro che quello che inizialmente sembrava un vero e proprio attacco speculativo ai danni dei nostri titoli di Stato per far cadere il governo Berlusconi, adesso assume i toni di una resa dei conti ai danni del Cavaliere.

L'allora presidente del Consiglio sarebbe stato fatto fuori perché, per non voleva far morire il Paese dell'austerità imposta dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, aveva deciso di tirar fuori l'Italia e gli italiani dal giro della moneta unica. Quella moneta unica, l'euro, che un altro ex presidente del Consiglio, Romano Prodi, aveva super valutato gettando l'economia del Belpaese nella recessione.

Come riporta anche l'Huffington Post, Sinn ammette che, nell'autunno del 2011, Berlusconi aveva "avviato trattative per far uscire l'Italia dall'euro". Intervenendo in un dibattito sulla crisi economica e sugli effetti disastrosi che stava avendo sui paesi meridionali dell'Eurozona, il presidente dell'Ifo-Institut ha ammesso di "non sapere per quanto ancora l'Italia ce la farà a restare nell'Unione Europea: l'industria nel nord del paese sta morendo, i fallimenti delle imprese sono ormai alle stelle e la produzione industriale è in continuo calo".


Clamoroso: «Noi indiani a fianco dei marò»

Ristoratore di New Delhi raccoglie 10mila firme fra i connazionali in Italia: «Organizzeremo manifestazioni. Vorremmo con noi le mogli dei due marinai»

Clamoroso: «Noi indiani a fianco dei marò»

Indiani a fianco dei nostri marò, convinti della loro innocenza, ad alta voce, ne chiedono la liberazione.

Tutto è partito da Ala, in provincia di Trento, dove Gurwinder Singh, un ristoratore originario del Punjab trasferitosi in Italia, con la famiglia, nel 2006, ha raccolto fra i membri della comunità indiana in Italia 8mila firme per chiedere che le autorità di Nuova Delhi rilascino Salvatore Girone e Massimiliano Latorre. Un’iniziativa clamorosa, inaspettata anche per la stessa diplomazia indiana che ha fatto buon viso a cattivo gioco. Le tantisisme firme sono già portate in India dal padre di Gurwinder Singh, e verranno utilizzate per sensibilizzare il problema da un punto di vista degli «indiani italiani» che saranno chiamati a votare alle prossime elezioni di maggio. Ma dal ristorante che dirige, «Il Ghiottone», Singh annuncia che è pronto a fare ancora di più.

Signor Gurwinder Singh, perché ha raccolto le firme per i nostri marò?
«Non pensavo che avrei avuto questo consenso e non immaginavo che la cosa avrebbe fatto tutto questo clamore. È stato tutto molto improvvisato, tanto da aver raccolto le firme su semplici pezzi di carta. Sono andato nelle zone dove ci sono le nostre chiese frequentate ogni settimane da moltissimi indiani. All’inizio non mi ascoltavano, poi ho fatto loro capire che le cose non stavano come scrivono i quotidiani indiani e che i marò rischiano davvero la pena di morte oppure un processo non equo. Allora hanno cominciato ad ascoltare, a capire la verità e a firmare».

Cosa succederà ora?
«Le firme che, ripeto, sono tantissime, in questo momento si trovano in India. Le ha portate lì mio padre, un agricoltore molto conosciuto e rispettato che svolge anche attività politica. Sono sicuro che le autorità indiane non daranno valore alle firme perché raccolte su semplice carta, perciò ho pensato di agire diversamente».

Agire come? Ha in mente altre iniziative?
«Sì, voglio partire per l’India, appena mi sarà possibile, per organizzare là una manifestazione con il maggior numero possibile di persone. Mio padre si sta già muovendo. All’inizio ero incerto, non ero molto convinto, ma quando ho visto che gli indiani che vivono qui mi ascoltavano e capivano, ho pensato che sarà lo stesso anche là».

Quindi lo scopo è convincerli?
«Esattamente. Voglio far loro capire che gli indiani che vivono in Italia desiderano che i marò tornino a casa. E per farlo è necessario parlare alle tv e ai quotidiani locali indiani, che sui marò scrivono cose sbagliate. Devo dir loro che si è trattato di un incidente, che i marò non erano su quella petroliera per ammazzare i nostri pescatori e che probabilmente non sono stati nemmeno loro. E che se sono stati loro sicuramente si è trattato di un incidente, un reato al massimo colposo. Se riuscirò a far capire queste cose al popolo indiano, allora anche loro manifesteranno con noi».

È questo che conseguenze avrebbe?
«L’India è la più grande democrazia del mondo, ci sono tanti partiti e fra poco ci saranno le elezioni. Se i marò fossero rilasciati ora, contro la convinzione del popolo, i politici sarebbero puniti dagli elettori. Ecco perché il primo passo è far comprendere al popolo indiano che si è trattato di un incidente. Finché questo non accadrà, le autorità politiche non cambieranno atteggiamento».

Ha fatto bene il governo italiano, nel marzo scorso, a rimandare i marò in India?
«Non sono un esperto di queste cose, ma credo di sì. Se non lo avesse fatto, gli italiani che lavorano in india sarebbero stati penalizzati. Mantenere la parola è stato giusto. Ora però il governo italiano deve farsi sentire dal popolo indiano, fargli capire come sono andati davvero i fatti. Ma non vorrei partire in India da solo».

Con chi vorrebbe andare a manifestare?
«Vorrei che i parenti dei marò, le mogli o chiunque altro, venissero con me, per far sentire la loro voce, per convincere il mio popolo. E poi anche loro scenderanno in piazza per chiedere alle autorità indiane di rilasciarli. I marò vanno liberati, sono in India da due anni, è assurdo tenerli ancora là».

Se Latorre e Girone tornassero in Italia sarebbe tutto più semplice anche per voi che lavorate qui?
«Certo, perché qui gli italiani ci chiedono sempre come mai i loro compatrioti sono trattenuti in India, perché non li rilasciano. Non è bello neanche per noi». (da: iltempo)


Luxuria a Sochi: "Essere gay è ok". Alla faccia di Putin.. Arrestata..!!

AGGIORNAMENTO: Vladimir Luxuria è di nuovo libera.
A comunicarlo è Ivan Scalfarotto, l'attivista italiano impegnato per i diritti LGBT, che ha pubblicato il seguente messaggio 'Ho parlato con Vladimir Luxuria. L'hanno rilasciata e sta bene, grazie al cielo." Ivan ha poi aggiunto "Grazie a @emmabonino e a @lapopistelli per essersi attivati immediatamente'.

Luxuria a Sochi: "Essere gay è ok".  Alla faccia di Putin.. Arrestata..!!

La mattina del 16.2., aveva annunciato, con un tweet, di essere sbarcata a Sochi, "con i colori dell'arcobaleno, alla faccia di Putin".

Ma in serata, Vladimir Luxuria, storica esponente del movimento omosessuale e transessuale italiano, è stata fermata e arrestata dalla polizia sulla base della nuova legge russa che punisce la cosiddetta "propaganda gay" e si trova ora in una cella di sicurezza.

A rendere noto il fermo dell'ex parlamentare del Prc, è stata Imma Battaglia, presidente onorario dell'associazione DìGayProject: «Vladimir era andata a Sochi per seguire i giochi e protestare contro la legge antigay di Putin. Aveva con sé una bandiera rainbow con scritto in russo 'Essere gay è Ok'».
Luxuria, spiega la Battaglia, «è stata bloccata immediatamente e portata in prigione - Ora si trova in una stanza sola con le luci al neon in faccia e la stanno interrogando…Mi ha chiesto aiuto».

«Mi hanno presa con la bandiera - ha detto Luxuria al telefono parlando con la Battaglia - e mi hanno portato via. Sono chiusa in una stanza parlano solo in russo e non capisco niente aiutami».

La stessa Battaglia ha anche allertato il ministro degli Esteri, Emma Bonino che ha interessato della vicenda il console italiano a Sochi (in un tweet, il ministro ha fatto sapere di aver attivato l'unità di crisi). «La Bonino mi ha detto che a Sochi abbiamo una unità di crisi - spiega la consigliere comunale - e che ora faranno il giro dei posti di polizia per capire dove è stata portata. Emma mi ha detto di stare tranquilli che la troveremo».

"Inviata" delle Iene. Vladimir Luxuria si trovava a Sochi per realizzare con Pio e Amedeo un servizio per il programma tv Le Iene dedicato alla problematica omosessuale in Russia ed al dibattito acceso durante le Olimpiadi contro le restrittive leggi di Putin. «Era a Sochi per noi da un paio di giorni - conferma all'ANSA Davide Parenti di Le Iene - e nel momento in cui è stata fermata si trovava da sola e non con i nostri Pio e Amedeo. Al momento - prosegue Parenti - ci risulta ancora in stato di fermo. Non è nell'albergo che le avevamo prenotato e speriamo in un rapido rilascio. Domani cercheremo meglio di capire come andare avanti. I due inviati si trovano invece in albergo senza nessun motivo di apprensione».

LE REAZIONI
«Luxuria si trova isolata e sottoposta a trattamento brutale - ha commentato Fabrizio Marrazzo, portavoce del Gay Center - Chiediamo un intervento urgente e immediato del ministro Bonino, siamo pronti a ogni tipo di mobilitazione se non sarà rilasciata al più presto». L'ex parlamentare, spiega Marrazzo, rischia sino a 15 giorni di detenzione, oltre all'espulsione.

«Ho appena parlato con la Bonino. State tranquilli», ha twittato l'ex parlamentare Paola Concia, mentre il senatore Sergio Lo Giudice sollecita il ministro a intervenire contro «l'arroganza di Putin».
«Ribelle, libera, senza paura dei gendarmi della moralità di Stato. Grazie a Vladimir» il tweet di Nichi Vendola.

Alessandro Zan, parlamentare di Sel, annuncia di essere pronto a partire per la Russia: «Il gesto di denuncia di Vladimir del mancato rispetto dei diritti umani e civili è esemplare. Sarebbe importante in queste ore anche un messaggio del Presidente Napolitano. Se Luxuria non verrà rilasciata nelle prossime ore, sono pronto a partire per la Russia ed estendo l'invito ai parlamentari che vorranno aderire».

Mentre su Twitter il Gay Center ha fatto partire l'hashtag #luxurialibera, per domani alle 20, alcune associazioni gay, hanno convocato un sit-in di fronte all'ambasciata russa, in via Gaeta, «per esprimere solidarietà a Vladimir e a tutte le attiviste e attivisti e alla comunità lesbica, gay, bisessuale e trans russa che vedono tutti i giorni calpestati i loro diritti la loro dignità e messa continuamente in pericolo la propria sicurezza personale». (da: iltempo)


E’ subito intervenuta l’Unità di crisi della Farnesina che ha portato alla risoluzione del caso.
Insomma, 'tutto è bene quel che finisce bene' ,,,, ed ora non ci resta che aspettare Le Iene per vedere il servizio girato da Vladimir.

Nigeria: strage di cristiani, oltre 60 morti

L'attacco è stato sferrato da terroristi islamici armati, nel nord-est del Paese

Nigeria: strage di cristiani, oltre 60 morti

Cristiani ancora sotto tiro in Nigeria nell'ennesima strage che ha insanguinato il sempre più incontrollabile nord-est del Paese.

«Secondo le ultime informazioni sono state uccise più di 60 persone. Ma devo ancora verificare questi dati forniti dagli abitanti», ha detto Maina Ularamo, responsabile regionale dell'area dove è avvenuto l'attacco, nel villaggio di Izghe.

Secondo una prima ricostruzione, sono state uccise la notte scorsa nel corso di un massiccio attacco degli islamisti di Boko Haram, che hanno incendiato le case e devastato l'intero villaggio di Izghe, nello stato di Borno.

Sono arrivati di sera - hanno raccontato gli scampati - a bordo di camion e moto e travestiti da militari. Hanno costretto gli uomini a radunarsi in un'area del villaggio e li hanno massacrati a colpi d'arma da fuoco e con coltelli e machete, al grido di 'Allah è grande'. Poi hanno setacciato le abitazioni alla ricerca di chi si era nascosto, hanno saccheggiato magazzini e depositi di generi alimentari e sono fuggiti nella boscaglia. (da: Ansa)

Appalti: indagato il senatore Mancuso, arresti nel messinese

Ordinanza cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Patti su richiesta della Procura nei confronti di 8 persone accusate, a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata alla turbativa di liberi incanti, abuso d'ufficio e falso. Tra gli indagati figura anche l'ex sindaco di Sant'Agata di Militello e attuale senatore del Nuovo Centrodestra

https://lh5.googleusercontent.com/kPNwB9vEOUabiPs2o80wGVrOooqYwgVCFdoCp6MKC6A=w155-h207-p-noLa Squadra mobile della polizia ha eseguito a Sant’Agata di Militello (Messina) otto misure cautelari con l’accusa, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata a una serie di reati contro la pubblica amministrazione, e in particolare turbata libertà degli incanti, abuso d’ufficio e falso in atto pubblico.
 
L’ordinanza cautelare è stata emessa dal Gip del Tribunale di Patti su richiesta della Procura nei confronti di 8 persone accusate, a vario titolo; tre di queste sono ai domiciliari, quattro hanno il divieto di dimora e una l'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Altre 11 persone sono state raggiunge da un avviso di garanzia perchè indagate nel medesimo procedimento.

Tra gli indagati figura anche l'ex sindaco di Sant'Agata di Militello e attuale senatore del Nuovo Centro destra Bruno Mancuso. I particolari dell'operazione saranno resi noti alle 12 in una conferenza stampa che si terrà presso la Questura di Messina, alla quale parteciperà il Procuratore di Patti, Rosa Raffa. (ANSA)

sabato 15 febbraio 2014

Marò. Dopo UE e Nato: “parla l’ONU” e l’India ci ripensa.

L’ONU si è sentito pressato dopo l’affiancamento all’Italia della Nato sul caso Maro e "si mette i gioco". Dalle ultime dichiarazioni, potrebbe proporre all’India un arbitrato internazionale, o promuovere dialoghi bilaterali, sulla vicenda dei nostri fucilieri.

Marò. Dopo UE e Nato: “parla l’ONU” e l’India ci ripensa.
 
Le pressioni italiane, dell’UE e l’intervento della Nato sembrerebbero dunque aver convinto il segretario delle Nazioni unite a cambiare la sua posizione di equidistanza e incaricare i propri servizi legali di verificare la praticabilità di un arbitrato.

Il portavoce del Segretario Generale Ban Ki-moon ha spiegato che “il Segretario è preoccupato per una vicenda irrisolta, che vede coinvolti due importanti Paesi, e teme che possa avere delle ripercussioni sulle operazioni di sicurezza anti-pirateria e sullo stato di diritto. India e Italia devono trovare un accordo”.

Il ministro degli Esteri, Emma Bonino, riferendo sul caso marò in aula al Senato, ha riferito che durante il colloquio avuto mercoledì sera con Ban Ki-moon, le ha “assicurato comprensione e promesso una sua successiva azione nei confronti delle autorità indiane”. Bonino ha sottolineato che nelle prossime ore ci sarà un nuovo intervento della delegazione dell’UE al Palazzo di Vetro e poi un incontro tra il Segretario Generale e l’Alto rappresentante per la politica estera europea, Catherine Ashton. “UE e Nato sono schierate con l’Italia – ha spiegato la titolare della Farnesina – perché preoccupate dall’uso abusivo di un quadro giuridico che mette a rischio l’intera azione internazionale contro la pirateria”. “La richiesta del procuratore generale indiano di applicare la legge anti-terrorismo – ha aggiunto – ha modificato sensibilmente i termini della questione”.

L'India dal suo canto, starebbe esplorando le ipotesi esistenti per formulare i capi di accusa contro i marò e non sulla base della legge anti-pirateria (Sua Act), ma del codice penale indiano.

Immagine deteriorata scrive oggi 14 febbraio The Indian Express”. Nel quotidiano online, si legge che al termine di una riunione interministeriale (Interni, Esteri e Giustizia) tenutasi ieri 13 febbraio, è stato deciso che la questione sia nuovamente studiata dal ministero della Giustizia.

Nell'incontro interministeriale, promosso dal ministro dell'Interno Sushil Kumar Shinde, il collega degli Esteri, Salman Khurshid, ha sottolineato, che «l'immagine del Paese si stava deteriorando a livello internazionale a causa dell'impasse».

Per questo motivo, Khurshid ha proposto che la questione dovesse nuovamente essere esaminata dal ministro della Giustizia, Kapil Sibal, per valutare se le accuse nei confronti dei due militari italiani Latorre e Girone potessero essere formulate utilizzando solo il codice penale indiano.

Nell'udienza del 10 febbraio in Corte Suprema, il procuratore generale G.E. Vahanvati, aveva confermato la volontà di utilizzare la norma “Sua Act” (Terrorismo). Opzione però fermamente respinta dai legali dei due fucilieri di Marina italiani.

RICORDIAMO L’azione dell’Italia alle Nazioni Unite, per Pace e Sicurezza
 
L’Italia è impegnata a difendere i sui interessi globali di politica estera partecipando ai processi intergovernativi nelle Nazioni Unite (ONU). Il confronto e l’interazione con gli altri paesi su pace e sicurezza internazionale, sviluppo sostenibile, difesa e promozione dei diritti umani e la partecipazione ai processi decisionali dell’ONU costituiscono una componente centrale dall’azione di politica estera.
 
L’Italia è membro dell’ONU dal 14 dicembre 1955. E’ stata eletta 6 volte in Consiglio di Sicurezza (l’ultimo mandato biennale si è chiuso alla fine del 2008) e 7 volte nel Consiglio Economico e Sociale, di cui è attualmente membro. L’Italia è stata inoltre rieletta per un secondo mandato nel Consiglio Diritti Umani, istituito nel 2006.
 
Nel 2011, il contributo italiano al bilancio ordinario dell’Organizzazione è stato di 117,4 milioni di dollari, pari al 4,9% del totale (sesto contribuente su 193 paesi e quarto tra i Paesi europei). L’Italia finanzia inoltre con circa 14 milioni di dollari il bilancio dei Tribunali Internazionali. (da: Farnesina)
 
(@Robylfalco, da: varie fonti)
 

Scandaloso uso dei voli di Stato, Pilota vuota il sacco. (VIDEO)

Vergognoso l'uso dei voli di stato, è questa la dichiarazione/denuncia di un pilota addetto in una intervista.

Scandaloso uso dei voli di Stato, Pilota vuota il sacco. (VIDEO)

E’ per comodità, per non dover aspettare, è più veloce, non si viene controllati, per questo alcune autorità hanno utilizzato i voli di Stato.

Oltre alla personalità avente diritto, si sono imbarcati anche: familiari, parenti, amici e così via, questa è una prassi piuttosto consolidata”.

A fare queste sconcertanti rivelazioni alla cronista Monica Raucci de ‘La Gabbia’, trasmissione in onda su “La 7”, è un addetto ai lavori, un pilota dei voli di Stato.

L’interlocutore (protetto da anonimato) alla domanda della cronista, afferma: “Gli scopi illegittimi? Innumerevoli volte ho trasportato delle personalità per ricongiungimenti familiari o per sagre varie,”.

Richiesto, il pilota aggiunge: “Ho trasportato un centinaio di politici in questi anni su voli di Stato. Bene, legittimi saranno stati un 5 per cento“.

Le altre dichiarazioni/denuncia sono contenute nell’intervista integrale. [guarda il video]

 
 

Vinod Sahai: “Potevo aiutare i marò ma mi fermò il governo Monti”

Il rappresentante degli indiani d'Italia, Vinod Sahai, alias «l'uomo che in India apre tutte le porte», a nome della comunità indiana in Italia, che oggi si sente sotto accusa, intervistato da “Il Giornale riferisce che aveva trovato una via d'uscita per i marò: "C'era la soluzione: un'istanza. Ma mi convocò l'allora ministro della Difesa"

Vinod Sahai: “Potevo aiutare i marò ma mi fermò il governo Monti”

È vero che il caso dei marò si poteva sbloccare un anno fa?
«Certamente e più di un anno fa. Sono andato in India diverse volte in accordo con il ministe­ro della Difesa italiano, come rappresentante dei 250mila in­diani presenti nel vostro paese. A Delhi ho parlato con il pre­mier, il ministro degli Interni e quello degli Esteri. Tutti aveva­no sottolineato che l’Italia sta­va esercitando solo pressioni politiche. Anche il presidente russo Vladimir Putin si era rac­comandato sul caso dei marò. Le autorità indiane sosteneva­no di avere le mani legate, per­ché la Corte suprema era al di sopra dello stesso governo».

E lei aveva un’idea concreta in mente per uscire dall’im­passe?«Sono andato dal presidente della Corte suprema, Altamas Kabir, che già era coinvolta nel caso marò. Era stato assistente di mio suocero e mi disse chiara­mente: “ Non possiamo fare nul­la se non ci viene chiesto con un’istanza”. Per questo motivo ho preparato una petizione a nome degli indiani che vivono in Italia. Spiegavo che voleva­mo mantenere gli ottimi rap­porti fra i due paesi e garantire gli interessi della nostra comu­nità. Si chiedeva che la Corte su­prema autorizzasse il governo indiano a trovare una soluzio­ne extragiudiziale oppure che rinviasse il caso a un tribunale internazionale».

E poi cosa è successo?
«Nel settembre 2012 l’istan­za era pronta, ma sono stato convocato a Roma. Il ministro della Difesa Di Paola mi ha chie­sto di non presentare la petizio­ne. Gli indiani avevano arresta­to i marò e così non sarebbe sta­ta l’Italia ma un rappresentan­te della comunità indiana a sbloccare la situazione. Gli ho detto: “Ma a voi dovrebbe solo interessare che tornino casa”. Non mi ha risposto».

Quante possibilità aveva di sbloccare la situazione con la petizione?«L’istanza l’ho preparata so­lo dopo aver parlato con il presi­dente della Corte suprema e con i vertici dei ministeri inte­ressati in India. Sarebbe stata senz’altro accolta».

Con il governo Letta nessu­no l’ha interpellata?«Ho scritto una lettera al mini­stro Bonino, spiegando tutto e dicendomi disponibile a ripren­dere in mano il caso. Non ho ri­cevuto alcuna risposta».

L’Italia ha compiuto altri er­rori in questi due anni?«Diversi. L’Italia si sta muo­vendo solo politicamente. I mi­nistri vanno in India pure se non serve a nulla, solo per far ve­dere in patria che fanno qualco­sa. Le pressioni politiche sono state contro producenti».

Ma il caso è politico…
«L’opposizione si è avvantag­giata perché Sonia Gandhi è di origine italiana. Se i marò torna­no a casa il suo partito perde si­curamente le elezioni».

Forse le perderà lo stesso. Il leader nazionalista indù, Na­rendra Modi, che vuole la te­sta dei marò, potrebbe diven­tare primo ministro. Cosa ac­cadrà a Massimiliano Lator­re e Salvatore Girone?
«Se vinceranno le elezioni non ci sarà più motivo di agita­re la propaganda. E allora trove­ranno una soluzione per far tor­nare a casa i marò oppure per rinviare il caso a un tribunale in­ternazionale. Può anche essere che ci sia una condanna non esagerata, che poi i marò scon­teranno in Italia. E se il presi­dente Napolitano vorrà graziar­li Delhi non si opporrà». (da: ilgiornale)




BREAKING NEWS 
BREAKING NEWS END