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martedì 3 dicembre 2013

Kyenge: se gli immigrati sbagliano, la colpa è degli italiani.


La clandestina naturalizzata spara a zero, puntando come è solita fare, il dito contro gli italiani

 
Se c’è il problema dei clandestini è colpa nostra, degli italiani, che non hanno spirito di accoglienza. Se la comunità cinese è fuori da ogni regola è sempre e comunque colpa nostra, degli italiani. Prendiamone atto, perché l’ha detto la Kyenge, che pronuncia quasi ogni giorno parole destinate a creare polemiche.

Non si sa se lo fa di proposito, per essere al centro dell’attenzione, oppure se le viene tutto spontaneo scrive sul secoloditalia Signoretta, chiusa com’è nelle logiche di una sinistra che più vecchia non si può. Dopo i fatti di Prato, che hanno reso evidenti tante illegalità, la Kyenge ha ribaltato la situazione: «I cinesi hanno bisogno di uscire dalle loro comunità chiuse, ma per farlo devono potersi fidare di noi. E noi forse non abbiamo dato loro tutta la protezione necessaria».

In sostanza, non siamo stati capaci di dare fiducia, battiamoci il petto in segno di penitenza e magari chiediamo scusa. Ma non solo. «L’impegno dell’Europa sul contrasto all’immigrazione clandestina deve essere ancora più forte», ha detto la Kyenge a Radio Anch’Io. Fin qui, tutto normale, anche perché ormai tutti sostengono che i Paesi non possono essere lasciati soli nel contrastare l’arrivo dei barconi e il caso Italia è quello più insidioso. Ma lei, la “ministra”, non voleva dire questo, non parlava certo di respingimenti o di maggiori controlli.

Per lei l’unica soluzione è spalancare le porte a chiunque: «C’è un filo che lega tantissime realtà che possono esplodere in emergenze. Noi dobbiamo uscire da questa logica». Come? «Uscirne vuole dire prevenzione, vuol dire porre all’attenzione di tutti una politica nuova come quella dell’integrazione: investire nell’accoglienza».

Il copione recitato dalla Kyenge, quindi, non cambia di una virgola, nemmeno un cenno alla necessità, per chi viene nel nostro Paese, di rispettare le leggi italiane. A suo dire, in fin dei conti, siamo tutti clandestini e perciò la clandestinità non è reato.

Se poi gli immigrati sbagliano e finiscono nell’illegalità, è colpa nostra.


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