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venerdì 22 novembre 2013

Stato-mafia, Napolitano: "Rivalutare testimonianza". Limitate le conoscenza sui fatti


Presidente della Repubblica - Giorgio Napolitano

"Con la lettera pervenuta in cancelleria il 7 novembre 2013 - dice in aula il giudice Alfredo Montalto - il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nel manifestare la propria disponibilità a testimoniare, chiede che si valuti ulteriormente, anche in applicazione della previsione di cui all'articolo 495 comma 4 del codice di procedura penale, l'utilità del reale contributo che tale testimonianza potrebbe dare, tenuto conto delle limitate conoscenze sui fatti di cui al capitolato di prova, che nella medesima lettera vengono dettagliatamente riferite".

La corte ha deciso di depositare la lettera in cancelleria, a disposizione delle parti: "Perché possano pronunciarsi sulla sua acquisizione ed utilizzabilità  -  dice ancora il presidente Montalto - riservato all'esito ogni provvedimento di competenza della corte". Dunque, dopo la lettura del messaggio di Napolitano ai giudici di Palermo, si potrebbe riaprire la discussione sulla citazione del Capo dello Stato al processo sulla trattativa.

Erano stati i pm di Palermo a chiedere l'audizione di Giorgio Napolitano su un episodio in particolare: "Le preoccupazioni espresse dal suo consigliere giuridico Loris D'Ambrosio nella lettera del 18 giugno 2012", questo hanno scritto i magistrati nella lista dei 177 testimoni da citare in corte d'assise. In quella lettera D'Ambrosio esprimeva il "timore" di "essere stato considerato solo un ingenuo e utile scriba di cose utili a fungere da scudo per indicibili accordi, e ciò nel periodo fra il 1989 e il 1993". In quegli anni, D'Ambrosio era stato in servizio all'Alto commissario  per la lotta alla mafia e poi al ministero della Giustizia.

Nella lista testi, la Procura spiega di voler chiedere a Napolitano ulteriori notizie su quella lettera e su quello sfogo. Ma adesso Napolitano precisa di non essere a conoscenza di particolari ulteriori su quella lettera del suo consigliere giuridico.

Ma allora non c’è proprio speranza, siamo condannati a tutto questo?

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