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lunedì 30 dicembre 2013

La politica dalla A alla Z


A come AMBIZIONE, ovviamente personale. È la vera, inconfessabile motivazione che spinge un essere umano a entrare in politica nel nostro Paese. Chi afferma di avere fini umanitari e di volere il bene della nazione è un bugiardo o un idealista. La prima specie è dominante e prolifica. Ricorda il mus musculus, il topo comune. La seconda è in via di estinzione, come la lince europea e l’aquila reale.

La politica dalla A alla ZB come BENEFICI, ovvero privilegi, immunità, vantaggi, concessioni, ecc. Qualsiasi sia la domanda, un vero uomo politico italiano risponde “Cosa ci guadagno?”. Del bene comune non gliene frega niente. Finge di occuparsi degli interessi del partito di appartenenza ma si scalda solo per il proprio tornaconto. Ogni politico degno di questo nome tiene nel suo portafogli il santino di Cicerone su cui campeggia la didascalia Cicero pro domo sua.
 
C come CORRUZIONE. Corrompere e farsi corrompere è il gioco preferito dai politici, cui sono invitati banchieri, ecclesiastici, funzionari pubblici, imprenditori, sindacalisti, ecc. Montanelli sosteneva che la corruzione “ci deriva da qualche virus annidato nel nostro sangue e di cui non abbiamo mai trovato il vaccino”. Se così fosse, i politici potrebbero invocare il morbo per discolparsi. Il fatto grave, però, è che per ogni esemplare politico contagiato ce ne sono almeno due che di nascosto esercitano il mestiere di untore.
 
D come DELITTO E CASTIGO. In Dostoevskij sono consequenziali, strettamente associati. In Italia, invece, i delitti dei nostri politici soggiacciono alla legge del relativismo. La pena dipende dal colore politico. Se sei di destra, troverai sempre un magistrato di sinistra che ti scuoia vivo. Se sei si sinistra, troverai sempre un magistrato di sinistra che chiude un occhio e spesso tutti e due.
 
E come ETICA. Nel film Io e Annie, Woody Allen ci regala una battuta memorabile: “Conosciamo l’etica dei politici: è una tacca più sotto di quella del molestatore di bambini”.  Non capisco questo pregiudizio. Mica possiamo chiedere a un uomo politico italiano di rispettare i valori e i principi morali! Sarebbe come chiedere a un serial killer di limitarsi a tagliuzzare le foto delle donne nude anziché squartarle o a un pedofilo di provare piacere guardando un documentario del National Geographic sulla spedizione al Polo Nord.
 
F come FUTURO. Per quanto parlino spesso e a vanvera del futuro, i politici vivono il “qui e ora” ma facilmente sono ancorati al passato. Non si spiegherebbe in altro modo la ragione per cui vada ancora di moda l’antifascismo e la Sinistra non riesca a liberarsi dei fantasmi del comunismo. Chiedere ai politici di programmare, cioè pensare alle generazioni future, non ha senso. Al massimo possono concentrarsi sulla prossima tornata elettorale, ai trucchi da inventare per fare fessi ancora una volta gli italiani.
 
G come GENITALI. Giusto per non essere volgare, non sono fra coloro che vorrebbero prendere i politici che ci hanno mandato in rovina a calci nel culo. Personalmente punterei all’inguine. Confesso che mi piacerebbe vederli piegati in due per il dolore. Questo vale per il genere maschile, sia chiaro. Con le nobildonne della politica casereccia – e non faccio nomi perché non serve – sarei più gentile. Le manderei a lavorare gratis a Calcutta, nei ricoveri di Madre Teresa, in mezzo alle piaghe e agli escrementi dei moribondi.
 
H come HABITUS, cioè il comportamento, la mentalità, il contegno, le abitudini. Si potrebbe scrivere un trattato sul malcostume della politica italiana. È un sistema che va rottamato. L’idea potrebbe essere aprire agli stranieri, come nel calcio. Hanno un habitus diverso. Perché non acquistiamo o affittiamo politici nelle nazioni dove la politica è una cosa seria? Sono certo che l’andazzo cambierebbe e ne guadagnerebbe la nostra credibilità. Ops! Dimenticavo che già oggi, in Italia, comanda la Merkel…
 
I come IMBECILLI. A volte mi chiedo quali attributi si debbano possedere per diventare politici di successo. Le due camere sono piene di imbecilli, dislessici, ignoranti, incapaci e rincoglioniti. Anche nelle regioni, nelle province e nelle amministrazioni comunali è un trionfo di ebeti. È normale che il Paese vada male.  Da che mondo e mondo, se il potere è nelle mani di chi non è all’altezza della situazione, il risultato è catastrofico.
 
J come J’ACCUSE. Sogno che la casta politica si svegli una mattina e oda una voce che proviene dal cielo e annuncia: “Alle diciotto comincia il giudizio universale”, come nel bellissimo film del 1961 diretto da Vittorio De Sica. Sai che strizza! Sarebbe un corri e fuggi per evitare l’inevitabile j’accuse del magistrato divino. Io non c’entro, io non c’ero, io non sapevo, io ero malato, io sono stato ingannato… Quanti galantuomini e prime donne della politica avrebbero il coraggio e l’umiltà di riconoscersi colpevoli? Quanti ammetterebbero di avere distrutto una nazione a causa della loro cronica avidità, stupidità e arroganza?
 
K come KAFKA. Forse Kafka era italiano. Nella sua opera più ambiziosa, Il castello, parla di alienazione, burocrazia e frustrazione. Nell’incompiuto Il processo racconta di come il potere possa perseguitare e distruggere un cittadino. Nel racconto La metamorfosi parla della mutazione di un uomo in insetto parassita. Rileggendo Kafka mi sono convinto che i suoi libri descrivono perfettamente l’aberrante sistema politico italiano.
 
L come LADROCINIO. Affermare che i politici siano dei ladri è una tautologia ingenua. Si sa, infatti, che quando un politico si inchina a baciare un bambino è per rubargli le caramelle. Per altro, il politico italiano, per nulla impressionato dal terremoto provocato a suo tempo da “Mani pulite” e dalla caduta della Prima Repubblica, ha modificato il modus operandi. Prima rubava con professionalità, quasi con discrezione. Adesso, il ladrocinio lo si fa alla luce del sole, maldestramente, gonfiando i rimborsi e senza nascondere le mazzette, con la spavalderia di un Diabolik che sa di poter contare su complicità e connivenze trasversali.
 
M come MANGIARE. Mi correggo, devono pur mangiare i poveri politici. Ve lo ricordate il film Fifa e Arena del grande Totò. C’è una battuta pertinente: “A proposito di politica, non si potrebbe mangiare qualche cosarellina?”. Beh, detto così, fa quasi tenerezza il politico che cerca di arrangiarsi… Peccato che a causa della loro ingordigia, le cavallette della politica abbiano scarnificato l’Italia.
 
N come NEGOZIO. La politica è fatta di affari, faccende, traffici, commerci, compravendite, smerci e scambi di voti. In effetti, non sarebbe il caso di nominare Presidente della Repubblica un commercialista e di eleggere come ministri solo notai e ragionieri?
 
O come ODIO. Mi sa che li odio, i politici. E voi?
 
P come PONTI, cioè promesse. Da sempre, in Italia, i politici, a qualunque schieramento appartengono,  promettono mari e monti e poi disattendono le aspettative degli elettori. Le loro promesse sono così false che ormai non ci crede più nessuno. Eppure, ogni tanto ci tocca andare alle urne, tapparci il naso, e indicare una preferenza. Ricordo una bella frase di Nikita Kruscev: “Gli uomini politici sono uguali dappertutto. Promettono di costruire ponti anche dove non ci sono fiumi”. Chissà se alla prossima tornata elettorale, Silvio prometterà di costruire un ponte che collegherà direttamente la sua villa di Arcore a Roma.
 
R come REALISMO. Un altro figlio della Santa Madre Russia che ho avuto l’onore di conoscere personalmente, Michail Gorbaciov, ha detto che “il realismo è il tratto obbligatorio di ogni politico”. Eccetto l’uomo politico italiano, lo voglio correggere. A me pare che la casta viva in una realtà immaginaria, surreale. Un mondo parallelo divenuto assurdo e irritante per chi sta fuori e assiste esterrefatto alla danza dei folli.
 
S come SOLDI. La politica ci costa una fortuna. Ci vorrebbe una mannaia affilatissima, degna del vecchio boia della torre di Londra, per tagliare gli sprechi, gli stipendi, le pensioni d’oro e i gravami di una baraccone ignobile. E magari, per tagliare le mani a chi è colto in flagranza di reato e persino qualche testa, come ai tempi di Robespierre.
 
T come TRADIMENTO. Che grande uomo politico sarebbe stato Giuda! I politici sanno tradire come nessun altro al mondo. Sono camaleonti con la faccia di piombo. Il loro sport preferito è saltare sul carro del vincitore o presunto tale (adesso è il momento di Renzi). Con altrettanto aplomb abbandonano la nave in procinto di affondare. Meno male che non sempre comportarsi da voltagabbana paga.
 
U come ULCERA. In questi ultimi anni è venuta a milioni di italiani.
 
V come VOLTASTOMACO. In questi ultimi mesi ha colpito milioni di italiani, increduli di fronte alla disinvoltura con cui i signori al potere, i partiti, le istituzioni manovrate dalle forze politiche e la magistratura calpestano la Costituzione e le leggi, prevaricano il diritto del cittadino ad essere libero e felice, giocano con il destino della nazione.
 
W come WATER CLOSET. Il posto giusto per una classe politica infame, alla quale è legittimo augurare la dissenteria. Sedetevi, fate un respiro profondo e tirate lo sciacquone gridando “Non son degno di te!”. Poi fatevi risucchiare nelle fogne perché è lì che dovreste sguazzare, inseguiti da fameliche pantegane transgeniche.
 
X come X-FACTOR. Ci vogliono determinate qualità per fare politica in Italia. Berlusconi aveva un incommensurabile X-Factor e nessuno può negarlo, nemmeno i suoi detrattori. Chissà chi sarà il prossimo a cantarcele?
 
Y come YES-MAN. La maggior parte dei politici che siedono nelle aule delle camere sono dei signorsì. Molti non erano nessuno prima di essere eletti e non saranno nessuno (salvo trasformarsi in pensionati d’oro a vita) quando torneranno nell’anonimato. Ma la domanda è: come mai ad ogni tornata elettorale aumenta la percentuale degli amebici yes-man?
 
Z come ZANNE. Mi rivolgo alle mamme e ai papà. Controllate la dentatura del vostro bambino. Se notate la presenza di uno o più dentini anomali, non preoccupatevi. Si tratta delle zanne e vostro figlio farà politica. Non so se è il caso di rallegrarsi o dolersi. Fate vobis. (di Giuseppe Bresciani)

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